giovedì 16 febbraio 2006

.::Prezidan !


[foto: ©Shannon Stapleton/REUTERS]

Finalmente! Stamattina l'annuncio della vittoria di Preval ha rincuorato tutti: in ufficio si è subito diffuso un senso di contentezza generale e tutti gli amici haitiani hanno avuto la loro buona dose di "pacche sulle spalle". Sebbene non tutti qui abbiano votato per Preval (molti si dichiarano apertamente sostenitori di Guy Philippe, l'ex-golpista del 2004), sanno benissimo che il risultato delle elezioni è un buonissimo auspicio per il futuro del paese.
Chiunque abbia cercato di truccare le elezioni alla fine non c'è riuscito: la vittoria al primo turno di Renè Preval è la garanzia più grande per la stabilità politica di Haiti.

Con un partito dal nome Lespwa (speranza), Preval dovrà ora rimboccarsi le maniche per ridare la speranza agli haitiani, soprattutto ai giovani.

Ritornando al giornalismo vero, oggi l'omaggio ritorna all'agenzia MISNA e ai quattri lanci che mi hanno dato il "buongiorno" quando sono arrivato in ufficio stamattina:


10.01
ELEZIONI: PRÉVAL DICHIARATO VINCITORE


René Préval ha vinto le elezioni presidenziali del 7 febbraio con il 51,15% dei voti: lo hanno riferito poco fa fonti del governo ‘ad interim’ haitiano e del Consiglio elettorale provvisorio (Cep). [FB]


10.08
ELEZIONI: PRÉVAL DICHIARATO VINCITORE/2

Abbiamo trovato una soluzione al problema. Ci sentiamo estremamente soddisfatti di aver liberato il paese da una situazione davvero difficile”: lo ha detto Max Mathurin, presidente del Consiglio elettorale provvisorio (Cep) riferendosi all’accordo raggiunto nella notte con il governo provvisorio di Port-au-Prince per decretare la vittoria al primo turno di René Préval. “René García Préval è accreditato del 51,15% dei suffragi sulla base del 96% delle schede scrutinate ed è proclamato vincitore" ha aggiunto Mathurin. “Riconosciamo la decisione finale del Consiglio e salutiamo con favore l’elezione del signor René Préval come presidente di Haiti”, ha riferito il primo ministro ‘ad interim’ Gerard Latortue in un’intervista telefonica all’Associated Press. Secondo fonti di stampa internazionali, nonostante siano ancora le prime ore del mattino, numerose persone sarebbero già scese in strada nella capitale per festeggiare. [FB]

12.57
ELEZIONI: PRÉVAL DICHIARATO VINCITORE /3

Considerando che il decreto elettorale de 2005 dispone che le schede in bianco sono voti validi, il Consiglio elettorale provvisorio (Cep) ha deciso di ridistribuirle proporzionalmente ai suffragi espressi a favore dei candidati nella compilazione dei risultati delle elezioni del 7 febbraio 2006”: è il testo del documento del Cep che decreta la vittoria al primo turno di René Préval, letto nella notte alla televisione nazionale haitiana dal responsabile dell’organismo Max Mathurin. Nella risoluzione, firmata da otto dei nove consiglieri del Cep, si precisa inoltre: “Tenendo conto che le schede restanti non potranno influire sui risultati definitivi, il signor René García Préval, accreditato del 51,15% dei voti col 96% delle schede scrutinate è dichiarato vincitore delle elezioni presidenziali”.


La decisione, raggiunta dopo un incontro d’urgenza tra il governo ‘ad interim’ e le autorità elettorali, mette così fine a giorni di incertezza contrassegnati da proteste e accuse di “frodi ed errori grossolani” pronunciate dallo stesso Préval e dai suoi sostenitori a cui è seguito il rinvenimento in una discarica pubblica di urne contenenti centinaia di schede a suo favore. Era stato Marco Aurelio García, consigliere per gli Affari internazionali del presidente brasiliano Luiz Inácio Lula, a proporre che fosse trovata una formula che, “rispettando la legalità”, portasse alla vittoria di Préval.

Prima che lo scrutinio venisse bloccato dalle proteste, con lo spoglio del 90,02% delle schede Préval - del partito ‘Lespwa’ (Speranza) – era in testa con il 48,76% dei suffragi contro l’11,83% di Leslie François Manigat, del ‘Rassemblement des Démocrates Nationalistes et Progessistes’ (Rdnp); quest’ultimo, tuttavia, aveva ripetutamente affermato di non voler rinunciare al ballottaggio del 19 marzo. [FB]


17.09
ELEZIONI, PRÉVAL: CALMA E FESTEGGIAMENTI CONTENUTI A PORT-AU-PRINCE / 4

Nelle strade della capitale Port-au-Prince ci sono ancora “cortei di persone che festeggiano, ma in clima di assoluta calma, senza incidenti di rilievo da segnalare”: lo ha appena detto telefonicamente alla MISNA una fonte locale, raccontando che “la notizia dell’elezione di Préval alla presidenza della Repubblica è stata data dalla radio questa notte intorno alle 3:00 ora locale. Non c’era quasi nessuno per strada ma, evidentemente, in molti devono aver dormito con un orecchio attaccato alla radio perché questa mattina alle 5:00 c’erano già migliaia di sostenitori di Préval per le strade a festeggiare”.


La notizia era nell’aria, viste anche le recenti affermazioni di esponenti del governo brasiliano, sebbene rimangano molti dubbi sulla procedura seguita per proclamare la vittoria di Préval: “Da due o tre giorni tutti aspettavano che accadesse qualcosa che andasse in questa direzione. In effetti, con il sistema della redistribuzione proporzionale delle schede bianche ai candidati, Préval ha raggiunto il 51,15% dei voti, ma non va dimenticato che, tra le schede bruciate e quelle non scrutinate (queste ultime rappresentano circa il 4% del totale), rimane un buco nero del 5-8% sul quale però nessuno andrà mai a indagare.

D’altronde, anche gli altri candidati avevano ben chiara la necessità di uscire dalla situazione di stallo. Pare, infatti, che nessuno abbia protestato per la decisione di proclamare la vittoria di Préval” ha concluso la fonte della MISNA, facendo notare un particolare: “Da un paio di settimane non solo è cessata la violenza tra gang, persino a Cité Soleil, il più popolare e violento dei quartieri di Port-au-Prince, ma si sono praticamente anche azzerati i rapimenti, a dimostrazione di una sorta di patto non scritto che, con la vittoria di Préval, le parti sembrano intenzionate a continuare a rispettare”. [LL]




mercoledì 15 febbraio 2006

.::Se ci rimandassero Ettore Mò...


Si accendono le proteste a Port-au-Prince dopo la diffusione delle immagini delle urne buttate nella spazzatura, a conferma delle accuse dei gravi brogli elettorali.

Era il maggio del 2005 quando Ettore e Luigi Baldelli erano stati inviati dal Corriere della Sera per fare un reportage sulla condizione dell’isola, di Haiti e degli haitiani immigrati in Repubblica Dominicana.
A poco meno di un anno, Haiti si ritrova in un momento difficilissimo, con un presidente “eletto” e non ancora proclamato e una rivolta popolare quasi sicura se non si arriverá ad una soluzione che convinca i sostenitori di Preval.
Eppure, sarà una casualità ma i due giornali piú venduti d’Italia – Corriere della Sera e La Repubblica non hanno ancora pubblicato un solo trafiletto sulla situazione haitiana. Un caso, piú che una casualitá!


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E pensare che oggi mi ha chiamato Jonathan Katz, il corrispondente della Associated Press, tartassandomi di domande sulla situazione della frontiera, dei possibili disordini sul versante haitiano e le eventuali ripercussioni sulla Repubblica Dominicana. Dopo vari tentativi di convincerlo che a Dajabón non c’era niente di cui preoccuparsi dal punto di vista della sicurezza, aveva concluso chiedendomi: «perché allora tutti i giornali dominicani parlano di una atmosfera di “calma tensa” sulla frontiera?». Non so se gli sará piaciuta la risposta: «pure tu farai come tutti gli altri giornalisti: se scrivi che a Dajabón non sta succedendo nulla, il pezzo non lo vendi. Se dici che la calma è “tensa”, allora il pezzo te lo pubblicano dappertutto. E mia madre, che crede piú ai giornali che a quello che le dico io, alla fine si preoccuperà per niente!».

Per fortuna, in Italia c’è sempre il Manifesto, che ha deciso di pubblicare due articoli:

Préval scippato. Haiti in rivolta


Un giorno comune nella Città del Sole, l'inferno dei vivi
(nel quale ho scoperto che un chirurgo padovano, Carlo Belloni, lavora in un centro medico della ong Médicins sans Frontières)



Ma il miglior quadro della situazione haitiana lo si trova nel sito dell’agenzia di stampa statale cubana, che ripropongo integralmente, in attesa di notizie migliori.

Preval ha denunciato brogli

nel processo elettorale di Haiti


Fonte: Agenzia
Granma

Porto Principe, 14 febbraio. – René Preval, candidato favorito alla presidenza di Haiti per il Movimento La Speranza, ha denunciato una frode massiccia nelle elezioni del 7 febbraio.
“Siamo convinti che frodi massicce abbiano infangato il processo elettorale”, ha detto l’ex presidente in una conferenza stampa offerta in questa capitale, ha reso noto PL.

Provenienti dai sobborghi della capitale, migliaia di persone si sono concentrate dal primo mattino nel rione Delmas per esigere che Preval venga proclamato presidente.
La convalida delle schede scrutinate continua ad essere ferma al 90,02% con il 48,76% a favore di Preval, secondo le cifre date dal Consiglio Elettorale Provvisorio.


Migliaia di schede votate nelle urne buttate nella spazzatura sono state mostrate martedì in immagini diffuse da un canale televisivo haitiano, cosa che conferma le denunce di frodi (nella foto, un ragazzo osserva due schede elettorali semi-bruciate, di cui una con l'espressione di voto per il candidato numero 1, René Preval).

Il canale Telmax ha cominciato ad esibire queste immagini senza nessuna colonna sonora nè commenti nelle prime ore della sera e poi ha trasmesso la testimonianza dei presunti testimoni, che hanno detto di aver visto come queste urne venivano buttate nella spazzatura il giorno stesso delle elezioni.

La maggior parte delle schede gettate erano votate a favore del candidato presidenziale del partito La Speranza, René Preval.

Il portavoce della Missione delle Nazioni Unite per la Stabilizzazione di Haiti (MINUSTAH), David Wimhurst, ha ammesso in dichiarazioni all’agenzia EFE, dopo la diffusione di queste immagini, che nella giornata delle elezioni almeno in 9 centri di votazione di differenti zone del paese è stato possibile lo smarrimento di molte urne.

In serata intanto centinaia di persone hanno eretto barricate in diversi punti della capitale, dove si sono ascoltate parole d’ordine contro i brogli.
Preval ha chiamato i suoi sostenitori a continuare le dimostrazioni, ma senza atti di violenza.

La Presidenza ha reso noto che membri del partito di Preval e funzionari elettorali e del Governo compongono una commissione incaricata di investigare sulle denunce del candidato presidenziale e dei suoi sostenitori, secondo AFP.


domenica 12 febbraio 2006

.::Quant'è bello sbagliarsi!


Sostenitori dell'ex-presidente René Preval manifestano per le strade di Port-au-Prince perché venga dichiarato ufficialmente vincitore delle elezioni.

Anch'io avevo fatto come un po' tutti da queste parti: di Haiti é meglio parlar male se si vuole finire in prima pagina. Peró nell'intervista alla Misna avevo detto quello che sentivo e quello che un po' tutti, onestamente, ci aspettavamo: elezioni nel caos, violenza e guerriglia...
I pochi commenti che facevamo attraverso la frontiera tra Dajabón e Wanament erano di apprensione e sfiducia: le notti cariche di tensione delle settimane precedenti ci avevano fatto temere il peggio.

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E invece il peggio non c'è stato: anzi, é successo quello che davvero nessuno si aspettava. Un'affluenza alle urne che si aggira intorno al 65% degli aventi diritto al voto (ricordando che non tutti gli haitiani sono riusciti ad ottenere una carta elettorale) e un bilancio delle vittime che è di "soli" 4 morti e 40 feriti.


Mi ha fatto ridere (anche se a denti stretti) la battuta di un amico giornalista dominicano: "e chi se l'aspettava da Haiti una cosa cosí? Qui da noi, durante le elezioni presidenziali del 2004, non so se ci sono stati 10 o 15 morti, tutti d'arma da fuoco! E per fortuna che sull'isola eravamo noi il solo paese democratico!".


Tutto è andato bene, almeno finora: non voglio certo ricadere nello stesso errore di pronostico, ma adesso siamo solo al conteggio dei voti, e le cose possono cambiare. Renè Preval, ex presidente dello stesso partito di Aristide, è vicino al 50% dei suffragi, e non si sa ancora se riuscirá ad evitare il secondo turno, programmato per il prossimo, lontanissimo 19 marzo. È probabile che i gruppi armati (sostenitori di Guy Philippe e altri...) stiano aspettando proprio il secondo turno per far sentire il loro peso. Ma se il Consiglio elettorale provvisorio dovesse proclamare Preval come presidente al primo turno, potrebbe benissimo precipitare la situazione. Non ci spiegheremmo altrimenti gli scontri a fuoco che hanno preceduto tutti i comizi elettorali di Preval e le intimidazioni inflitte alla popolazione fino a poche ore prima del voto.

È possibile però che un margine di vantaggio così grande (Leslie Manigat, il secondo candidato, è rimasto fermo all'11 %) affievolisca le speranze dei golpisti e dei ribelli: René Preval avrebbe dalla sua la metá della popolazione. Tre settimane fa, in un ristorante* di Dajabón avevo conversato con una ragazza haitiana, studentessa di medicina in Repubblica Dominicana. Per lei Preval è l'unico candidato possibile per Haiti: "lui non è mai stato povero, e gli haitiani non si fiderebbero mai di un presidente che sia stato povero. Non è mai stato nemmeno ricchissimo, ma se fosse stato povero non lo voterebbe nessuno".

La povertà è la vera "bestia nera" di questo popolo "nero". Chissà sia arrivata veramente l'ora per gli haitiani di dimenticarsi cosa voglia dire questa parola.


* Los Platanitos, il comedor popular dove mangio tutti i giorni pollo e banane fritte inondate di ketchup, brrr!





martedì 7 febbraio 2006

.::Haiti al voto. Haitiani nel vuoto...


La frontiera dominico-haitiana è chiusa da ieri, ma la gente di Wanament ha bisogno di cibo anche durante le elezioni.

Ho taciuto per mesi, omettendo cose che era necessario non dire... e altre che pian piano troveró il modo per scriverle. Conto di ritornare a scrivere un po’ in italiano, a fare un po’ di foto, a prendermi un po’ di tempo per me. Insomma, ci spero...
Intanto, oggi, mentre il popolo haitiano celebra il primo turno delle sue incerte elezioni presidenziali, trovo un momento per ringraziare Francesca Belloni dell’agenzia di stampa MISNA, che mi ha stanato dal mio covo di frontiera e mi ha fatto rispolverare il dizionario italiano-spagnolo (o meglio, spagnolo italiano!!!) per scrivere il pezzo che pubblico qui sotto. Fa parte di uno speciale su Haití e i due anni di uscita di scena dell’ex presidente Aristide. Anni lunghi, sofferti, incerti... Insomma, bisognerà sperare...



Tra emigrazione, povertà e violenza...


Il paese al voto

di Francesca Belloni
Fonte: Agenzia Misna


“Purtroppo la realtà haitiana è sempre più desolante. A quasi 15 anni dal primo colpo di stato che ha fatto cadere l’ex-presidente Jean-Bertrand Aristide, la popolazione ha sempre meno fiducia nella ripresa e nella rinascita della democrazia. Se lo stato è inesistente e l'economia è in costante calo, ai giovani non rimane che scegliere tra la povertà e la speranza oltre la frontiera”: così Gianni dal Mas, consulente per la comunicazione e i diritti umani di ‘Solidaridad Fronteriza’ e del Servizio gesuita per i rifugiati e i migranti di Dajabón, cittadina dominicana alla frontiera, descrive alla MISNA lo scenario attuale nella parte orientale di Hispaniola, ormai alla vigilia delle prime elezioni che dovrebbero, almeno sulla carta, concludere la transizione iniziata nel febbraio 2004 dopo l’abbandono di Aristide.

“Nemmeno la presenza internazionale è riuscita a infondere una speranza concreta in questo popolo” prosegue Dal Mas: “Il governo provvisorio è visto come una imposizione smaccatamente statunitense, mentre i ‘caschi blu’ della Missione delle Nazioni Unite per la stabilizzazione di Haiti (Minustah) riescono con difficoltà a mantenere l'ordine pubblico, finendo per essere loro stessi i bersagli del malcontento generale. Sono in molti a ricordare un solo e significativo dato: durante il primo intervento dell’Onu, che amministrò il paese tra il 1994 e il 1998, non una sola strada, rete fognaria o acquedotto è stato costruito per migliorare le collassate infrastrutture haitiane. Cosa potevano aspettarsi 6 anni dopo?”.

La situazione economica e l’instabilità politica continuano a spingere gli haitiani a varcare la frontiera con la Repubblica Dominicana per cercare lavoro, anche a costo della vita. “Gli immigrati haitiani che arrivano qui sono sicuri di trovare un lavoro: settori come l'agricoltura o l'edilizia sono ormai un loro monopolio, perché si adattano a vivere nelle baracche erette in mezzo alle piantagioni o nelle fondamenta dei grandi palazzi in costruzione a Santo Domingo” spiega ancora il nostro interlocutore. “I dominicani – prosegue - pur con un 63% di tasso di povertà, non vogliono più abbassarsi a questo tipo di lavori e, con il costo della vita costantemente al rialzo, non se lo potrebbero nemmeno permettere: lavorare per ricevere il salario minimo (circa 130 pesos = 4 dollari al giorno) è diventato un lusso accessibile solo ai giornalieri haitiani disposti a tutto pur di non ritornarsene nel loro paese a mani vuote.

Ciononostante, se il padrone si ritrova alle strette, non deve far altro che chiamare l'ufficio immigrazione e chiedere il rimpatrio degli ‘illegali’. Caricati su camion dell'esercito, vengono ‘scaricati’ alla frontiera e ‘restituiti’ ad Haiti, senza neanche l'ombra dell'ultimo salario”. Nonostante il fenomeno sia molto diffuso non esistono al momento dati certi sul numero degli ‘indocumentados’ che varcano il confine.

“Il flusso migratorio tra i due paesi resta l'incognita più grande di tutto il dilemma. Al Ministero degli esteri dominicano dicono di non conoscere il numero dei visti concessi annualmente a cittadini della vicina Repubblica di Haiti, e nemmeno quale sia il prezzo di tale visto: se è vero che al massimo si dovrebbe pagare circa 200 US$ per un visto annuale, ogni consolato ha però piena libertà di movimento, dato che una percentuale del prezzo richiesto spetta di diritto al Console in funzione.

E se questo è quanto avviene nella legalità, nell'illegalità le cose sono ancor più ‘misteriose’. Nessuno è riuscito finora a misurare il numero di immigrati irregolari presenti in territorio dominicano, ma le stime parlano di una ‘minoranza’ haitiana che va dai 400.000 ai 3 milioni di adulti, sugli 8,5 milioni di abitanti della Repubblica Dominicana. Il governo ha annunciato da diversi mesi l'inizio di un censimento degli ‘irregolari’, un qualcosa che sa di burla per i termini stessi in cui è stato annunciato. E nel frattempo, sono stati oltre 3.000 gli immigrati haitiani irregolari rimpatriati nel solo mese di gennaio di quest’anno”.

Nonostante questi elementi il flusso migratorio non sembra affatto diminuire, neanche dopo il recente caso dei 25 immigrati asfissiati all'interno di un camion con il quale cercavano di introdursi illegalmente in Repubblica Dominicana.
Il governo dominicano – aggiunge il consulente per le comunicazioni di ‘Soldaridad Fronteriza’ - ha subito aperto un'inchiesta e ha militarizzato la frontiera, con l'unico risultato che i trafficanti sono stati costretti ad alzare il prezzo del ‘biglietto’ di viaggio per i clandestini, costretti a pagare di più per poter far chiudere un occhio ai militari dei posto di controllo. Oppure, come mi è capitato di ascoltare l'altra sera in un bar di Dajabón, bisogna trovare percorsi alternativi: un trafficante di haitiani raccontava di essere riuscito a sfuggire ai soldati che gli chiedevano più soldi del previsto, passando con il suo furgoncino carico di ‘morenos’ attraverso una stradina dove poteva transitare a mala pena una moto”.


Tra disillusione e aspettative, martedì prossimo alle urne sono attesi tre milioni e mezzo di votanti chiamati a scegliere tra 33 candidati alla presidenza e 1.300 al Parlamento (30 seggi in palio al Senato e 99 alla Camera dei Deputati). “Gli haitiani sono un popolo che ha sofferto molto per colpa della politica ma che nonostante questo si infervora ancora ad ogni discussione su chi sarà il nuovo presidente. Le speranze e le aspettative ci sono: c'è chi sta dalla parte del favorito perchè spera di poter ottenere un beneficio immediato, e chi sostiene candidati che non saranno mai presidenti, ma che un qualsiasi colpo di stato potrebbe portare facilmente al potere.

Purtroppo la sensazione che le elezioni non si svolgeranno tranquillamente è confermata dagli scontri a fuoco che si sono registrati nella vicina città haitiana di Ouanaminthe, alla frontiera con Dajabón. La visita del candidato attualmente favorito, René Préval, ha fatto scoppiare il caos, tanto che il nostro ufficio haitiano ha dovuto chiudere per paura dei saccheggi e delle rappresaglie”.

Gli ‘irregolari’ haitiani in Repubblica Dominicana avrebbero invece deciso in larga parte di non andare a votare. “Molti si erano già muniti della nuova ‘carta elettorale’, che per una vasta fetta di haitiani è stata l’occasione per ottenere dallo Stato il primo documento di identità ufficiale nella loro vita. Ma adesso, alla luce degli ultimi avvenimenti, il viaggio di andata ad Haiti è considerato troppo rischioso, nell'incertezza dei disordini che potrebbero scoppiare una volta terminato il conteggio dei risultati del primo turno. Così come è altrettanto pericoloso il viaggio di ritorno in Repubblica Dominicana, con una frontiera sempre più militarizzata e costosa da attraversare utilizzando le vie ‘informali’.

Chi vorrà correre il rischio lo farà per ricordare a se stesso e al mondo di essere cittadino della prima Repubblica nera indipendente del ‘Nuovo Mondo’, sempre che questo, dopo più di duecento anni di miseria, dittature e colpi di stato, voglia ancora dire qualcosa. E sono purtroppo in molti a dire che, nemmeno questa volta, Haiti sarà veramente libera di decidere il proprio futuro” conclude Dal Mas.
[FB]